PAOLO MANTEGAZZA. SECONDA VITA’ – DAL 7 AL 14 SETTEMBRE 2024
“PAOLO MANTEGAZZA. Seconda vita”
INAUGURAZIONE: Sabato 7 settembre 2024 dalle ore 18.00
SEDE: MUSEO MIIT – TORINO, CORSO CAIROLI 4
DATE: Dal 7 al 14 settembre 2024
ORARIO: da martedì a sabato 15.30-19.30. Altri giorni e orari su appuntamento per visite guidate, gruppi, scolaresche
INFO: 011.8129776 – 334.3135903 – www.museomiit.it
Il Museo MIIT di Torino presenta la mostra antologica ‘Paolo Mantegazza. Seconda vita’ dal 7 al 14 settembre 2024 (inaugurazione sabato 7 settembre dalle ore 18.00). In mostra una quarantina di opere tra scultura, grafica, dipinti. Moltissimi i materiali utilizzati nei suoi lavori: legno, pietra, argilla, gesso, ferro e, nella pittura, acquerelli, tempere, olio, smalto, vernici, spesso uniti a materiali di recupero, assemblati e plasmati fino a ridare una ‘seconda vita’, appunto, come recita il titolo della mostra, ad oggetti di uso quotidiano, come materiale tecnologico, schede elettroniche, CD, tubi elettrici, tastiere…
Paolo Mantegazza (1934-2018) ha interpretato al meglio il suo tempo, restituendoci un’immagine dei periodi della sua esistenza e della sua opera come fossero documenti sociali del cambiamento profondo vissuto a cavallo tra Novecento e nuovo millennio. Il maestro fa tesoro, nelle sue esperienze di vita e di lavoro, delle trasformazioni epocali di cui la sua generazione e anche parte di quella attuale sono state testimoni. Il passaggio da un’arte tradizionale ad una espressione concettuale dell’idea creativa, dall’utilizzo di materiali ‘nobili’ della cultura pittorica, dall’olio alla tempera all’acquerello a quello sperimentale di oggetti di uso quotidiano e, in particolar modo, provenienti dal mondo tecnologico. Da tutti questi stimoli ha tratto il meglio, personalizzando la sua visione attraverso un mestiere coltivato con passione fin da giovanissimo, confrontandosi col modellato, con la percezione della forma nello spazio, con azzardate ricerche artistiche in cui l’idea diventa motore e fulcro di innovazione artistica e culturale. Fra tutti, il tema della maternità è stato centrale nella sua produzione, specialmente in quella scultorea. Le linee morbide e avvolgenti dei modellati, l’osmosi tra la figura materna e quella del bambino, l’intreccio di braccia, mani, corpi fusi in un unico e continuo sviluppo armonico dei volumi, la metafora dell’attesa, della maternità, del concepimento resa con grazia e sacrale devozione… tutti elementi che ci permettono di scoprire e amare la sua attenta e profonda considerazione e interpretazione della vita. Nelle venature delle diverse essenze dei legni antichi utilizzati, ulivo, abete, pioppo…, nelle tonalità più scure o più chiare, nel rapporto contrastante tra la malleabilità del legno e la durezza della pietra, spesso inserita nelle sculture, si può leggere anche il momento vissuto dal maestro, la leggerezza e la gioia dell’esistere, come pure la drammatica e metafisica sensazione di isolamento e, a volte, di silente solitudine e graffiante difficoltà esistenziale. Non mancano opere pittoriche e di grafica, ricche di fascino e cultura della tradizione che l’artista declina con linguaggio personale, affidandosi al colore, al segno rapido e preciso al contempo, mostrandoci una sensibilità particolare nel rapportarsi con il bello di natura, tanto caro alla cultura artistica italiana tra Otto e Novecento. Paolo Mantegazza diventa, così, un universo da scoprire, un maestro del nostro tempo che ha saputo anticipare tematiche fondanti la cultura del nuovo millennio, come il riuso e il riciclo di materiali quotidiani, la visione lungimirante di un mondo che deve cambiare per potersi ancora raccontare alle nuove generazioni.
Guido Folco
BIOGRAFIA
Paolo Mantegazza ( 12/03/1934 – 28/03/2018 )
Paolo Mantegazza nasce a Torino il 12 marzo del 1934 e vi muore improvvisamente il 28 marzo del 2018. La famiglia era originaria del Vigevanese, dei paesi di Tornaco e Gravellona Lomellina. A Gravellona Lomellina, paese natale della mamma Maria, Paolo trascorre parte dell’infanzia, nel 1943, durante la guerra, vi rimane per due anni “sfollato” da Torino. Di quel periodo e di quei luoghi conserverà sempre un bellissimo ricordo. Di Gravellona Lomellina rimane la descrizione in una poesia di Pietro Colli, cugino di Paolo, che con lui ha condiviso i momenti liberi e giocosi dell’infanzia: “un piccolo paese qualunque della valle padana, tra risaie e fontanili ombreggiati da alti pioppi, le cui fronde il molle vento estivo dolcemente agitava… un piccolo paese qualunque che mi ha accolto con trepido affetto nelle estati afose assolate dalle mattine di madreperla e dalle serate di piombo, disturbate dal ronzio molesto delle zanzare… non ci torno quasi più anche se sento indicibile la nostalgia di quell’aria greve, di quelle rustiche case modeste, dove ho trascorso le estati serene e felici della mia fanciullezza…” (da “Coriandoli”, 1991). I genitori di Paolo, Maria e Virginio si trasferiscono da Vigevano a Torino in cerca di lavoro all’inizio degli anni ‘30 a seguito della crisi economica del 1929. Qui nasce Paolo e nel 1951 costruiscono la casa di via Lancia 107, dove Paolo trascorrerà tutta la vita e costruirà il suo laboratorio. Negli anni ‘50 la casa sorgeva in mezzo ai prati, ai margini della città… oggi è una delle case più vecchie di Borgo San Paolo (F. Calosso… “Borgo San Paolo, storie di un quartiere operaio” 2009 ). Paolo ci vive con la moglie, la figlia e la mamma, morta nel 2014, all’età di 110 anni. ‘Costretto’ dalla famiglia agli studi tecnici, lavorerà per quasi tutta la vita in FIAT, ma non ha mai nascosto, fin da piccolissimo, il desiderio di fare “il falegname” . La sua capacità innata di lavorare il legno emerge fin da subito, in adolescenza: da solo si costruisce uno slittino di legno per scivolare sulla neve al Parco Ruffini, davanti a casa, e costruisce una casetta in legno per le bambole alla cuginetta. Non ha mai frequentato corsi né scuole d’arte. E’ un autodidatta, dedicando alla sua vera passione, la scultura, la pittura e il lavoro del legno il proprio tempo libero. Collezionista di libri d’arte, conoscitore di tutti gli autori e gli stili, cerca personalmente i materiali da scolpire, i diversi tipi di pietra e di legno, durante i viaggi in Italia e all’estero. Negli ultimi anni della sua vita lavora per ore e giorni nel laboratorio, solo con se stesso. Ha condiviso le proprie creazioni solo con le persone più care, i familiari e gli amici e non ha quasi mai esposto le sue opere; qualche mostra personale a Torino (1998- Palazzina Liberty-“Personale”) qualche partecipazione e mostre tematiche (1998-Santo Stefano Belbo “Tematiche di Pavese: la portatrice d’acqua”), ma nulla di più. Non ha mai voluto vendere nulla, ha conservato tutto nella sua casa, che ha reso un museo. Dotato di una grande manualità e di uno spirito eclettico, per tutta la vita ha disegnato, dipinto, scolpito, modellato, inventato. Ha lavorato il legno, la pietra, l’argilla, il gesso, il ferro, ha utilizzato acquerelli, tempere, olio, smalto, vernici… ha ridato vita a materiali ed oggetti, assemblandoli e plasmandoli. Le sue ultime opere, che lui stesso intitola “seconda vita”, si ispirano al riciclo di materiale tecnologico, schede, CD, tubi elettronici, tastiere, che vengono inglobati in tronchi e legni antichi in cui possono rivivere come sculture e oggetti di arredamento. Il laboratorio è il luogo dove Paolo vive la sua “seconda vita”, lontano da un lavoro che non ama, dal rapporto conflittuale con la madre, dalla relazione dolorosa con la moglie, la cui malattia mentale divora a poco a poco la dolcezza, il sorriso, l’amore, dal rapporto ambivalente con la figlia. E forse non a caso nelle sue opere si riconosce il tema focale della maternità, rappresentata e simboleggiata con modalità, colori, materiali e stili differenti, una tematica controversa nella sua vita, forse un bisogno mai risolto di quell’amore primigenio ed assoluto, che ha molto desiderato.
Giulia Mantagazza